"L'arte di dirigere un coro: dialogo con Benedetta Nofri, talento della direzione corale e della composizione"

Benedetta Nofri è una figura di spicco nel mondo della musica corale, capace di unire con grande talento la direzione di coro e la composizione. Diplomata presso la Fondazione Guido d'Arezzo, ha perfezionato le sue competenze all'European Academy for Choral Conductors e all'Académie Supérieure Européenne d’Interprétation, studiando con alcuni dei più importanti maestri internazionali, come N. Corti, G. Graden, L. Marzola, R. Rasmussen, P. Broadbent e B. Holten. Ha poi completato il suo percorso formativo al Conservatorio F.A. Bonporti di Trento, dove ha ottenuto il diploma in Direzione di Coro e in Composizione Liturgica.

Dal 2016 al 2019 ha diretto il Coro Giovanile Toscano, portandolo a ottenere prestigiosi riconoscimenti come il secondo e terzo posto all'International May Choir Competition di Varna, in Bulgaria. Ma Benedetta aveva già raccolto successi con altre formazioni come Lux harmonica, Piccole Note e la sezione maschile di Insieme Vocale Vox Cordis.

Non solo direttrice, ma anche corista, ha fatto parte del Coro Giovanile Italiano dal 2011 al 2014, vincendo tre premi al Florilège Vocal de Tours in Francia. Una delle esperienze più uniche del suo percorso è stata la partecipazione al concerto dei Rolling Stones al Circo Massimo di Roma nel 2014, dove ha cantato insieme a queste icone del rock.

Oggi, Benedetta è membro della Commissione Artistica Nazionale di Feniarco (fino al 2026) e della Commissione Artistica Regionale dell'Associazione Cori della Toscana. La sua carriera è una fonte di ispirazione per chiunque ami la musica corale.

Benedetta, come è nata la tua passione per il coro e la direzione? C’è stato un momento particolare che ha acceso questa scintilla?
Difficilmente rintraccio un momento che possa corrispondere all'accensione di una scintilla. Diciamo che il gusto di cantare, e di cantare insieme, ha abitato la quotidianità della mia infanzia, nei pomeriggi trascorsi con la mia nonna materna e nelle serate con i miei genitori; non vengo da una famiglia di musicisti, ma in casa si cantava con spontaneità e ci si accompagnava amatorialmente con diversi strumenti musicali.
La voglia di fare musica insieme agli altri e di coordinare una performance di gruppo è tra le consapevolezze che più precocemente ho avuto chiare nella mia vita: tra i dieci e i dodici anni avevo trovato quello che sarebbe diventato il mio passatempo preferito. In occasione delle feste che trascorrevamo in famiglia, con le cugine di mia mamma e le loro famiglie, strutturavo “lo spettacolino”, con una serietà che non tolleravo venisse messa in discussione dai sorrisi degli adulti che poi assistevano alle performances. Nei giorni precedenti la festa, riunivo i cuginetti più piccoli e li istruivo per ore (o per il tempo che, loro malgrado, erano disposti a tollerare!) su “numeri” artistici che prevedevano esibizioni canore, accompagnate al pianoforte, con strumentini ritmici e con coreografie di danza. Quando rivedo i filmati di quei momenti, provo una divertita commozione, rintracciando il seme di quello che caparbiamente ho poi desiderato diventasse la mia vita.
Crescendo, negli anni del liceo, mi sono trovata a collaborare come catechista nel contesto della mia parrocchia, iniziando così a preparare gruppi di bambini per cantare alle recite; recentemente ho ritrovato gli schemi che preparavo, con la disposizione dei piccoli coristi, esattamente come faccio oggi per i cori che professionalmente dirigo.
A sedici anni ho poi ufficialmente iniziato a “muovere le mani” davanti al Coro parrocchiale di cui facevo parte, esperienza che ha letteralmente fatto divampare la fiamma di questa passione; a quel punto, volendo acquisire le competenze per dirigere in modo “consapevole”, è iniziato quel cammino di formazione e di ricerca su di sé, che non è mai terminato.

Hai avuto la possibilità di studiare con grandi nomi della direzione corale internazionale. Qual è l'insegnamento più prezioso che hai tratto da questi maestri?
L’insegnamento più prezioso che ho avuto in dono è riconducibile alla parola “pace”.
I più grandi Maestri si sono palesati nella mia vita come presenze potenti, in grado di ispirare “visioni” che ridefinivano la realtà, ma al tempo stesso presenze “umili”: Maestri talmente “in pace” con se stessi e il proprio cammino, da essere liberi da quell’istinto umano così basso che è l’invidia e la stizza verso i traguardi degli altri. E non solo. Maestri “in pace” con “ciò che c’è”, liberi quindi dalla recriminazione di ciò che manca, di ciò che dovrebbe essere e non è. Da qui ho imparato a saper lavorare con chiunque tu abbia davanti, nella ricerca incessante della bellezza, senza lasciare che sia il concetto di “limite” a definire la situazione.

Come riesci a bilanciare la creatività della direzione corale con quella della composizione? Le due anime si influenzano a vicenda nel tuo lavoro?
La composizione corale è arrivata molto più tardi nella mia vita, durante gli studi in Conservatorio, anche con una certa resistenza iniziale. Non mi sono mai definita una compositrice. Mi piace invece pensarmi come un’abile sarta, che negli anni ha sviluppato una buona conoscenza dei tessuti e dei modelli più belli con cui rivestire i diversi “corpi corali”. E all’occorrenza, quando capita di non trovare “in commercio” quel capo unico che tanto desidero per un’occasione speciale, allora so scorciare, adattare, o all'evenienza cucire, gli abiti ideali da far sfoggiare ai miei gruppi corali, valorizzando al meglio le loro forme.
Certamente, giocare nel ruolo di compositore offre al direttore una comprensione più rapida e profonda del materiale musicale; viceversa, essere un direttore di coro, conferisce “alla tua penna” una cognizione sonora molto precisa su quello che sarà il risultato della tua scrittura nel coro. Inevitabilmente, i due ruoli si alimentano e si arricchiscono vicendevolmente.

Cosa significa per te stare sul podio di fronte a un coro? Quali sono le emozioni e le sfide che vivi in quei momenti?
L’emozione più potente, che ogni volta si rinnova, sempre sorprendente e a cui mai ci si abitua, è quella magia che tanto somiglia all’origine della vita: quel momento in cui, dal silenzio, nasce il suono. Così delicato e critico, il momento dell’“attacco”, che assorbe tanta parte del lavoro preparatorio in prova e che richiede perfetta connessione tra i coristi e con il direttore.
La sfida più grande, stando di fronte al coro, è per me riuscire a divenire “filtro”: un filtro che accoglie e sostiene i timori del coro rispetto alla situazione o al pubblico; un filtro che riunisce e convoglia le energie dei singoli verso la costruzione di un’opera comune; un filtro che, con una “visione” che va oltre la materialità della partitura, suggestiona e trasporta, i coristi prima, il pubblico poi, in un viaggio che resta scolpito dentro come esperienza.

Hai diretto cori di diversa natura e dimensione. C'è un’esperienza che ricordi in modo particolare, che ti ha toccato più di altre?
L’esperienza più formativa nella mia vita di corista è stata quella con il Coro Giovanile Italiano, una formazione unica nel panorama corale nazionale, strutturata nel 2003 dalla Federazione Nazionale Italiana delle Associazioni Regionali Corali (Feniarco). Con gli amici direttori che con me in quegli anni (2011-2014) erano in organico, condividiamo spesso quanto quell’esperienza abbia “scolpito il nostro DNA corale” e abbia definito il nostro essere i direttori che oggi siamo.
Ho avuto la fortuna di poter riportare quanto ho vissuto in quegli anni a tutti i miei cori, ma in modo specifico a quello che per tipologia di organico e formazione gli assomigliava di più: il Coro Giovanile Toscano, che ho avuto l’onore di dirigere dal 2016 al 2019.
In occasione di uno degli ultimi concerti, all’insaputa del coro, al momento di attaccare il primo brano, mi sono voltata verso il pubblico ed ho intonato un singolo famoso negli anni ’90: “un viaggio ha senso solo senza ritorno, se non in volo”. E’ stato il mio modo di salutarli e ringraziarli per tutto ciò che quel cammino ha significato per la mia vita.

Non posso non chiederti della tua esperienza con i Rolling Stones al Circo Massimo. Come è stato trovarsi sul palco con delle leggende del rock? Cosa hai provato in quel momento?
Un’esperienza unica, arrivata in modo incredibile nel 2014, un anno particolarmente importante con il già citato Coro Giovanile Italiano. Eravamo al termine del triennio che ci avrebbe visti insieme e stavamo concludendo il nostro “mandato” con la partecipazione al Florilège Vocal de Tours (Francia), concorso internazionale dove ci distinguemmo con il primo premio di tutte le tre categorie previste.
Durante il viaggio di ritorno, ci trovammo a registrare la demo del brano da inviare per convincere la band che eravamo noi il gruppo che stavano cercando. Da lì, l’ingaggio di ventiquattro di noi per lo storico concerto del 22 giugno al Circo Massimo, come coro che avrebbe accompagnato “You can’t always get what you want”, primo dei due bis inseriti a chiusura del concerto. Un palco diverso dal solito, in cui erano decisi dall’alto il numero di coristi uomini e donne necessari, il numero di bottoni che avrebbero dovuto essere abbottonati nella camicia degli uomini e l’esatto taglio del vestito delle donne. Un palco dal quale non si poteva intravedere la fine di quella distesa di gente accorsa ad un evento unico, e sul quale si respirava, fin dal pomeriggio in prova, un’energia umana che non si replica e che si impone nella storia.

Il ruolo delle donne nella direzione corale è sempre più rilevante. Come vedi il futuro per le direttrici di coro e quali sono le sfide che dobbiamo ancora affrontare?
E’ interessante notare, negli ultimi anni, un aumento considerevole delle donne direttrici di coro, proporzionale tra l’altro alla preponderante presenza femminile tra le fila dei coristi. Credo che come sempre l’optimum risieda in un buon equilibrio tra le parti, l’unico che consente l’apporto fecondo di ciascuno, in quelli che sono i propri punti di forza.
Purtroppo il discorso cambia molto, se dall’ambito amatoriale ci spostiamo ad osservare il mondo dei cori professionali e, ancor di più, il mondo della direzione d’orchestra, in cui la presenza delle donne si assottiglia improvvisamente e inesorabilmente. Nasce spontaneo il riferimento all’antica teoria del “soffitto di cristallo”, che ad oggi costituisce ancora una sfida aperta; e, del resto, non c’è nessuna novità rispetto al passato, se consideriamo che alle donne non è mai stato negato il diritto alla formazione musicale, purché questa poi fosse esibita o spesa prettamente in ambito familiare, o amatoriale, senza apportare un prestigio socialmente riconosciuto.

Che consiglio daresti a un giovane o una giovane che voglia intraprendere la carriera nella direzione corale? Cosa dovrebbe tenere sempre a mente?
Per quanto mi riguarda, ho scoperto in questa strada la via per realizzare al meglio me stessa, educandomi e coltivandomi senza sosta. Penso sia un grande dono di questa professione che ci mette in contatto con gli esseri umani; ma al tempo stesso un obbligo morale, da gestire con grande impegno. Come spesso mi piace affermare, noi non suoniamo uno strumento, suoniamo direttamente le corde delle persone; e questo, davvero, impone rispetto e responsabilità. Credo si abbia il dovere di ricordare sempre con gratitudine che le persone che abbiamo davanti pongono nelle nostre mani il suono più intimo che possiedono e questo, al di là del livello da noi raggiunto, dovrebbe sempre ricordarci il valore dell’umiltà.

C’è qualche episodio divertente o particolare che ricordi dal tuo lavoro con i cori? Qualcosa che ti ha fatto sorridere e che ami raccontare?
La mia memoria di direttore è costellata di situazioni divertenti che si intrecciano alle storie di ogni coro; difficile riportarle e contestualizzarle. Ma tra le situazioni più esilaranti ricordo una giornata con il Coro Giovanile Toscano, in trasferta a Varna (Bulgaria) per un concorso internazionale. Negli ultimi minuti prima di entrare in gara, dispongo il coro in posizione nel piazzale antistante il teatro, chiedendo assoluta concentrazione e distacco da tutto quello che accadeva intorno. Indifferenza anche rispetto allo stormo di giganti gabbiani del mar Nero, che volando sopra di noi, hanno voluto decorare le divise dei coristi un attimo prima dell’entrata in scena! Il tradizionale migliore auspicio, che in effetti si è concluso con un ottimo piazzamento al concorso!

Guardando al futuro, quali sono i tuoi sogni artistici? C'è un progetto o un desiderio che non hai ancora realizzato e che speri di concretizzare presto?
I sogni artistici non si fermano mai, perché vivono la nostra stessa vita. Al momento intravedo infiniti mondi musicali ancora da esplorare e da riportare dentro me, per fecondare la musica che mi abita.
Nello specifico, ho un progetto non ancora realizzato, che è un sogno così grande che sta chiuso in tre cassetti e, come nelle migliori storie, non posso rivelarvelo. Posso però promettervi un’altra intervista, non appena lo realizzerò!

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